di Valentina Anzini, responsabile di PG
Cari amici e care amiche della PG,
pochi giorni fa sono rientrata da Roma, dal Giubileo delle Équipe Sinodali e degli Organismi di Partecipazione, e confesso: torno con il cuore pieno e la testa in movimento.
Ora, qualcuno di voi si domanderà: Cosa significa sinodalità? Cosa è un’équipe sinodale?
La sinodalità è lo stile di essere Chiesa nel nostro tempo.
Molto semplicemente, significa camminare insieme, ascoltandosi e lasciandosi guidare dallo Spirito Santo. Non è un progetto, è un atteggiamento: ascoltare, dialogare, discernere e decidere insieme. In parole semplici? Una Chiesa in cui tutti contano, tutti parlano, tutti camminano insieme.
Le équipe sinodali, di conseguenza, sono come il motore del cammino sinodale: squadre che aiutano la Chiesa a camminare insieme e non a correre da sola. Lo fanno ascoltando le persone, raccogliendo idee, proponendo percorsi e organizzando momenti di confronto.
Questo evento, che abbiamo vissuto a Roma, aveva un profumo di novità, di Chiesa viva, che respira e cammina insieme. Non una conferenza formale, ma un vero laboratorio di comunione.
Durante questi giorni abbiamo ascoltato Papa Leone XIV in due occasioni: venerdì sera, quando ha risposto alle domande dei sette continenti, e poi durante la Messa conclusiva.
In entrambi i momenti ci ha lasciato tre parole-chiave che continuano a risuonarmi dentro: servizio, unità e attuazione.
Ha ricordato che nella Chiesa nessuno è chiamato a comandare, ma tutti a servire: la sinodalità non è potere, è amore concreto.
Essere Chiesa significa camminare insieme con umiltà, sapendo che ognuno ha un dono da offrire.
Il Papa ha parlato anche di unità nella diversità.
Ha riconosciuto che nella Chiesa ci sono tensioni e sensibilità differenti, ma ha ricordato che la diversità non è una minaccia: è la nostra forza.
Ne ho avuto la prova nei tavoli di lavoro: persone di ogni continente, lingue e ruoli diversi, esperienze lontane ma complementari. Era come un grande mosaico in movimento: nessun pezzo uguale all’altro, ma tutti indispensabili.
Infine, l’invito a entrare nel tempo dell’attuazione. Non basta più parlare di sinodalità: bisogna viverla. Le équipe sinodali non sono gruppi teorici, ma spazi concreti di discernimento e creatività.
Il Papa ci ha incoraggiati a non restare fermi, ma a provare, sperimentare, rischiare.
La sfida è proprio questa: non aspettare che tutto sia perfetto, ma partire da ciò che c’è, con coraggio e fiducia.
Sono tornata da Roma con la convinzione che il cammino sinodale non sarà mai un progetto da archiviare, ma uno stile di vita da coltivare.
A volte può sembrare silenzioso, lento o faticoso, ma, come ha detto il Papa, dobbiamo ricordarci non tutti camminiamo alla stessa velocità: l’importante è non smettere di camminare.
La Pastorale Giovanile, con la sua energia e creatività, può essere davvero un motore e un laboratorio di questo cammino: un luogo dove ascolto, servizio e corresponsabilità diventano parole vive.
Torno stanca, ma piena di gratitudine.
Cosciente che il motore principale della Chiesa sinodale siamo noi: la nostra vita, il nostro esserci. Papa Leone ha sottolineato la singolare importanza di questo momento con una frase che mi ha profondamente colpita: ha detto di non sentirsi tanto ispirato dai processi, quanto dalle persone che vivono con entusiasmo la loro fede.
E io credo che questo sia il segreto: lasciarsi ispirare.
Perché lo Spirito sta ancora soffiando — e la cosa più bella che possiamo fare è lasciarci spingere da questo vento giovane, libero e pieno di speranza.

